Testo della News:
Arrivati ormai alla "venticinquesima ora", cioè allo scadere del tentativo di governo di Pier Luigi Bersani, se uno spiraglio è ancora aperto per dare all'Italia un governo politico questo si deve al Popolo della Libertà. Alla sua forza sulla scena istituzionale e politica, ed al suo senso di responsabilità nel dopo elezioni.
Cominciamo dal primo punto. Pier Luigi Bersani, quando era convinto di avere in tasca la vittoria elettorale, diceva che "con il 51 per cento si sarebbe compattato come se avesse avuto il 49". Ha ottenuto oltre venti punti in meno, non ha vinto ma pareggiato, eppure ha continuato a comportarsi come se fosse padrone di tutto. Al contrario il Pdl ha fin da subito - 24 ore dopo le elezioni - dichiarato che occorreva cercare un accordo tra tutte le forze in grado di garantire la governabilità "perché l'Italia ha bisogno di un governo". Disponibilità massima, dunque. Esattamente come auspicato da Giorgio Napolitano.
Poteva il Pdl ritirarsi sull'Aventino, forte della possibilità di bloccare il Senato, o lasciare che il Pd finisse nelle braccia di Beppe Grillo e quindi assistere all'autodistruzione della sinistra. Al contrario quando il capo dello Stato ha assegnato a Bersani il mandato è stata riconosciuta la correttezza della scelta offrendo ampia disponibilità e collaborazione.
Disponibilità e collaborazione, però, prevedono di essere in due e soprattutto una reciproca legittimazione. Nulla di tutto questo è venuto dal segretario del Pd, che nel frattempo conduceva le sue consultazioni in maniera surreale, come se dovesse rifare l'Italia da capo a piedi: perdendo tempo dietro ad ogni sigla (il Cai, il Touring Club...), rincorrendo soprattutto i grillini, ma fingendo di ignorare che era col centrodestra che doveva trattare. Doveva aprire al centrodestra, mentre invece andava conquistando le poltrone istituzionali in una logica tutta di sinistra, e in questa logica si accingeva a prendersi il Quirinale.
Insomma, mentre il Presidente della Repubblica invocava la responsabilità condivisa, Bersani guardava solo a sinistra e non intendeva condividere un bel nulla, se non con se stesso e con quanti (i grillini) riteneva utili ai suoi disegni. Lo sfoggio di forza nasconde in genere una grande debolezza, e così è stato anche per il segretario del Pd, in gravi difficoltà nel suo partito. Il Pdl, pur non avendo alcuna difficoltà interna, non ha guardato al centrodestra ma al Paese. Quando finalmente il centrodestra è andato da Bersani - con Alfano e Maroni - la sua proposta è stata per una condivisione di responsabilità: non è stato mai messo in discussione il ruolo di futuro premier di Bersani, è stato solo chiesto di condividere oneri e onori.
Il Pdl non si è abbandonato alla tentazione né della piazza né di nuove elezioni. Pur sapendo che entrambe lo reclamavano e lo premiavano. La manifestazione di sabato 23 è stata composta e civile come si conviene ad un grande partito nazionale. Eppure qualcuno ha detto che gli uomini del Pdl sono "impresentabili". Tutti i sondaggi danno in vantaggio il Pdl, e quindi vincitore in caso di elezioni anticipate, ma ci si continua a battere per dare un governo all'Italia, al più presto.
Alla fine il capo, o ex capo, del centrosinistra, le ha tentate tutte, ma proprio tutte, tranne che aprire una seria trattativa con il centrodestra. Una trattativa alla luce del sole, basata su due pilastri: il programma di governo, ed i nomi da dare al Paese sia per il governo sia per la successione al Quirinale. Fermo restando che se Napolitano fosse stato disponibile il Pdl lo avrebbe rieletto subito.
Chi ha reso impossibile questo accordo di responsabilità e concordia nazionale? Chi è andato a sbattere? Non certo il Pdl, non certo il centrodestra. Bersani, che si conosceva come uomo pragmatico, ha deciso di giocare la sua partita guardando da una parte sola, a sinistra. L'Italia è allo stremo per l'economia, grazie anche a Monti, ma il segretario del Pd ha messo al primo punto una sfilza di leggi antiberlusconiane. Come sempre ha perso sventolando stavolta la bandiera retorica del "cambiamento". Nonostante tutto, non è stata mai chiusa la porta, è stata data fino all'ultimo una possibilità di accordo: chiaro, trasparente, di fronte al Paese. Bersani parla di responsabilità, ma i problemi e le colpe li ha lui, è nel suo partito che si apre la resa dei conti, è l'eterno settarismo della sinistra ad uscire sconfitto. Il Pdl c’è e c’è sempre stato, e questo gli italiani lo hanno ancora una volta capito, così come lo sa benissimo il Capo dello Stato.
   
     
 
 
 
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