19.04.2013 -POLITICA - Ma non è solo questione di quorum
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Le prime votazioni, dunque, sono andate a vuoto, e Franco Marini ha passato di poco la maggioranza assoluta dei grandi elettori, rimanendo molto lontano dalla quota 672 necessaria. Il centrodestra ha fatto per intero il suo dovere: sia il Pdl che la Lega, ma anche Fratelli d'Italia si sono espressi compattamente per il candidato del Pd, mentre il centrosinistra si è praticamente dissolto. Nel segreto dell'urna, infatti, un esercito di franchi tiratori ha impallinato Marini per uccidere politicamente Bersani, un segretario che ormai sembra non avere il controllo né della coalizione che ha guidato al voto di febbraio, né del suo stesso partito. Ieri era una data storica: il 18 aprile 2013, sessantacinque anni dopo la vittoria di De Gasperi su Togliatti. Poteva essere l'occasione per chiudere definitivamente la lunghissima pagina della guerra fredda che è proseguita, con l'antiberlusconismo, anche dopo la caduta del Muro di Berlino. Invece ha prevalso, ancora una volta, il massimalismo, con una parte del Pd che - guidato dai soloni radical chic di Repubblica - vuole pervicacemente abbracciare la deriva grillina. Il risultato è desolante: un partito a pezzi, un rosario di nomi snocciolato dalla presidente Boldrini che è stato l'emblema della disgregazione di quello che fu il più grande partito della sinistra: Napolitano, Prodi, Chiamparino, D'Alema, Finocchiaro, Grasso, perfino Margherita Hack. Tante anime racchiuse in un contenitore politico che in tutta evidenza non regge più e che ha trasformato la chance di dare all'Italia un segnale definitivo di pacificazione in un'oscura faida politica, l'ennesima, mentre il Paese attende ormai da 50 giorni un governo.